L’orto sinergico di Bruna e i suoi piatti stellati

Da un orto in parte sinergico a una serie di piatti stellati. Ecco come la famiglia Spadone tiene alta la Bandiera dell'Abruzzo
Lorto sinergico di Bruna e i suoi piatti stellati
Ristorante La Bandiera
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«Scusa se non ti ho risposto prima, ma Bruna ci ha messo sotto al sinergico». In Abruzzo c’è un posto dove tre uomini sono vittime di una donna che appena può li fa lavorare sodo nel suo orto, da cui poi derivano gran parte dei piatti del loro ristorante stellato, La Bandiera di Civitella Casanova, in provincia di Pescara. Sono Bruna e Marcello Spadone, che insieme ai figli gemelli omozigoti Alessio e Mattia, uno in sala e l'altro in cucina, tengono alto lo stendardo di questa attività, avviata ormai anni fa dai nonni Anna D’Andrea e Giovanni Spadone. «Ma nel tempo molto cose sono cambiate, tant'è che sono tornate persino le coccinelle».

L’orto (e l'amica) di Bruna

«In questo periodo si nascondono tra i carciofi, per ripararsi dal freddo». Ecco che cos’ha combinato Bruna nel suo orto più che biologico, il suo spazio di aria e di libertà, dove anche le piante sono lasciate libere di crescere. «Le forzature non servono a nulla, io lascio tutto il più possibile allo stato naturale e prendo dalla terra solo quello che può darmi. E così facendo mi ricompensa sempre». Infatti, basta guardare tutte le rape, bietole e cicorie che crescono naturalmente tra ulivi, pomodori e fagioli tondini; o ancora, erbe di ogni tipo quali menta banana, dragoncello e borragine che invadono e ricoprono i terreni, variando durante l'anno. Ricordiamo che l’orto sinergico si basa proprio sulla concezione che in natura tutto ha sempre funzionato perfettamente senza bisogno dell'uomo, per cui basta lavorare il meno possibile e la terra troverà sempre un modo per essere riconoscente. Per questo Bruna sta cercando lavorare il più possibile in sinergico. Ma in questo tripudio di stato brado, c’è anche una piccola serra, che lei chiama «la sua amica», dove dentro c'è di tutto, persino piante come il carcadè, l'origano brasiliano o l'ombelico di Venere (da conoscere assolutamente). Perché  con Bruna è tutto un esperimento continuo: pensate che è tornata dal Canada con una bacca Saskatoon in borsa per provarla nel suo orto! E sta crescendo alla grande, così come altri frutti di bosco, quali amarene e mirtilli giapponesi; forse perché qui ogni pianta viene seguita fin dalla nascita, proprio come un figlio. C'è anche una nursery di piccole piantine d’ulivo! E per bagnare solo irrigazione a goccia (e non a pioggia), che utilizza l’acqua del lago vicino.

Il 100% di questa produzione va al ristorante, dove i piatti cambiano di continuo a seconda delle disponibilità, sempre nella devozione e nel rispetto più totale della materia prima. Uno di quelli che più valorizza questo lavoro è proprio l'insalata con erbe spontanee di stagione: «Nelle mie insalatine ogni fogliolina che metto ha un sapore diverso a seconda del periodo dell'anno, ad esempio in questo periodo c'è quella con alcune erbe (le dovrai indovinare nel piatto!), funghi porcini e rafano, mentre quasi sempre c'è la lattuga planchata con tuorlo marinato e grattugiato e tartufo nero». Ma non solo erbe: Bruna prepara anche un brodo con tutti i suoi fiori per accogliere quel tripudio di sapori che è il bignè reale. Insomma, lavorare così tanto (e bene) con i prodotti del loro orto permette di variare gli ingredienti di partenza a seconda della stagionalità, ma allo stesso tempo di mantenere ben saldi il proprio carattere e il proprio stile nei piatti. È il caso di due creazioni in particolare, sempre presenti in carta, che ben rendono il lavoro costante e quotidiano della famiglia Spadone, tanto in campagna quanto in cucina. Ve ne diamo le ricette perché è importante che composizioni così restino scritte nella storia.

Gli ortaggi cotti nel sale (con crema acida e salsa di ghiande)

Gli ortaggi di questa ricetta variano a seconda delle verdure presenti nell’orto di Bruna, quindi si può sperimentare anche con altri ingredienti a seconda di quelli che ci sono a disposizione. A contraddistinguere quest'opera è un gioco continuo di salse, di acidità che salgono e scendono, di consistenze differenti come in natura; ma anche se le materie prime si presentano ben separate nel piatto, il bello è poi scoprire che alla fine sono più buone se mischiate tutte insieme, proprio accade come nella terra da cui provengono.

Ingredienti

Per gli ortaggi cotti nel sale2 carote 2 topinambur 2 rape rosse 4 foglie di verza 1 patata dolce 2 cipolle dorate qb mostarda di senape 250 g di yogurt 3 kg di sale grosso qb olio extravergine d'oliva qb semi di senape qb semi di amaranto

Procedimento

In una teglia fate uno strato sottile di sale e adagiate gli ortaggi, ricoprite con il rimanente sale in avanzo e cuocete in forno per 2 ore a 140°. Separate con attenzione la polpa dalla bucce del topinambur della rapa e della carota e essiccate le bucce a 65° in forno ventilato per 8-10 ore, poi soffiatele in olio di semi a una temperatura di 205° fino a ottenere una cialda croccante simile a una corteccia. Riducete la polpa di tutti i tuberi a tartare, condite quella di topinambur con la mostarda di senape e le altre con olio extravergine d'oliva. Sbucciate la patata dolce e frullatela con 50 g di burro e 5 g di curry, poi setacciate fino a ottenere un purè. Salate le foglie di verza precedentemente cotte, in modo che perdano il loro liquido fisiologico, e con un cannello da cucina abbrustolitele. Infine coprite con una pellicola.

Per la maionese di sedano, portare a ebollizione un gambo di sedano con tutte le foglie, raffreddate in acqua e ghiaccio, frullate e passate al setaccio con 10 g di lecitina e succo di limone; poi montate con olio di semi di arachidi, sale, fino a ottenere una salsa della consistenza di una maionese.

Per la salsa di ghiande unite 2 carote, 2 coste di sedano, 1 scalogno, pepe, aglio, rafano e 500 g di ghiande. Con un mortaio rompete grossolanamente le ghiande, mischiate tutti gli ingredienti in una teglia e tostate in forno per 30 minuti a 170°, poi mettete a ridurre sul fuoco con 3 l di acqua. Portate a ebollizione, schiumate e continuate la cottura per 18 ore circa fino a ottenere 300 cl di salsa. Aggiustate di sale, grattugiate il rafano, fate cuocere per altri 10 minuti e filtrate.

Per la crema acida allo yogurt mescolate nello yogurt 6 g di sale, mettetelo in una panno filtrante di etamina e filtrate per una notte intera in frigo fino a ottenere un composto cremoso.

Per la salsa di rape rosse, centrifugate 2 rape rosse e riducete sul fuoco di 2/3.

Per la mucillagine di semi, cuocete l’amaranto per 10 minuti in acqua bollente, poi raffreddate. Aggiungete un pizzico di sale fino, i semi di senape con 50 cl di aceto balsamico e fate reidratare per 36 ore.

Infine, componete il piatto così: sopra il purè di patata dolce alternate la tartare dei tuberi, le rispettive cortecce soffiate, aggiungete la foglia di verza, la crema di yogurt le falde di cipolla, la mucillagine di semi e condite con la maionese di sedano, la riduzione di rapa rossa, la salsa di ghiande e insaporite con del sale nero.

La carota 100x100

La carota è una delle verdure più difficili che ci sia da cucinare, perché spesso non piace. Eppure, gli Spadone sono riusciti a trovare una formula per fartela piacere, e persino amare. Come? Valorizzando al massimo le sue diverse sfaccettature, ricavando da lei tutto quello che è in grado di dare, in un piatto che esalta e tira fuori le sue** consistenze**, in particolare sei. Gli ingredienti che seguono sono pensati per 6 persone.

Uno. Per la tartare di carota

12 carote grandi 1 kg sale grosso qb cumino qb sale qb olio extravergine d'oliva

Mettete il sale nella teglia, adagiate le carote e fate cuocere per 45 min a 175° misto vapore. Tagliate le carote a metà facendo attenzione a dividere la polpa dalla buccia: la buccia mettetela a seccare nel disidratatore per 8 ore a 65°. Trascorse le 8 ore, soffiatele friggendole fino a che non diventino croccanti in modo da realizzare una chips. Con la polpa invece fate una tartare condita con olio e polvere di cumino.

Due. Per la maionese di carota

195 ml di olio di semi di girasole 1 uovo stabilizzato a 65° per un'ora 20 ml aceto di riso 10 ml ristretto di carota 2 g sale

Mettete tutti gli ingredienti in un contenitore e con un frullino a immersione fate una maionese.

Tre. Per la carota carpione

600 g di carote lavate e tagliate a dadini qb aceto di riso qb olio extravergine d'oliva qb sale

In una casseruola stufate le carote con olio, sale e un po’ d’acqua per 15 minuti. Una volta pronte, trasferite il composto in un contenitore e frullate aggiungendo l’aceto di riso finché non ottenere la consistenza di un purè.

Quattro. Per la carota acida

180 ml di acqua 180 ml di aceto 180 ml di vino bianco 42 g di zucchero 21 g di sale fino 3 g di pepe bianco 3 g di coriandolo 1 chiodi di garofano 1 peperoncino 2 bacche di ginepro 1 rametto di timo 3 g di cannella in pezzi 300 g di carote

Sbucciate le carote e tagliatele a fettine sottili usando il pela patate, poi lasciatele da parte, mettete tutti gli altri ingredienti in una pentola sul fuoco e una volta a bollore lasciate raffreddare fino a 60°. Poi lasciate le carote in infusione per almeno 20 minuti.

Cinque. Per la carota arrostita

500 ml acqua 5 g curcuma 200 g di carote qb sale

In una casseruola portate a bollore acqua salata e curcuma, aggiungete le carote lavate e sbucciate e lasciate cuocere per 8 minuti, poi tagliate le carote a metà e arrostitele sulla brace.

Sei. Per il ristretto di carota

1 kg di carote

Centrifugate le carote e filtrate il liquido facendolo ridurre a fuoco basso fino a quando il composto non diventa della stessa consistenza di uno sciroppo.

Composizione finale delle sei consistenze

Tagliate la carota arrostita di nuovo in due. In un piatto rettangolare mettete un punto (della stessa grandezza di una noce) di tartar di carota, a fianco aggiungete la carota acida precedentemente arrotolata, poi un punto di purè di carota (carota carpione). Adagiate un pezzo di carota arrostita e ripetete la stessa sequenza per la seconda volta. Mettete un po’ di maionese di carota sui pezzi di carote arrostite e aiutandovi con un cucchiaio glassate il tutto con il ristretto di carota. Infine, completate il piatto ricoprendo tutti gli elementi con una chips di carota.

Il resto del territorio nei piatti

Per tutto il resto che non producono loro (non hanno più tempo!), gli Spadone hanno costruito negli anni una rete di aziende locali nelle vicinanze, da cui vanno personalmente a prendere i prodotti, in modo da esser sempre certi della qualità delle materie prime. Tra queste c'è senza dubbio quella realtà ammirevole che è De Fermo, soprattutto per vini (tutti con fermentazione spontanee) e farine con cui producono il pane (e da cui si riforniscono anche Forno Brisa e Longoni). Situata a Loreto Aprutino, in un antica casa meravigliosa che appartiene alla famiglia De Fermo dal XIX secolo, si caratterizza per una produzione totalmente biologica e biodinamica, di olio, legumi, vini, cereali e farine, a partire da un miscuglio evolutivo di vari grani. Nessun utilizzo di tecnologie, ma un lavoro profondamente artigianale, che Stefano, Eloisa e Lucrezia portano avanti solo con le mani e che per questo non poteva non incontrarsi con quello degli Spadone. Nei dintorni, sempre a Loreto Aprutino, c'è un'altro punto di riferimento e di fiducia, a cui si rivolgono in particolare per carni e formaggi: è l'azienda agricola Allevamento e Caseificio dei Fratelli Del Proposto, dove acquistano ricotta fresca di pecora, anatre e l'Agnello del Centro Italia IGP, allevato in completa libertà, allattato in modo naturale e nutrito solo con foraggi della zona, integrati con cereali. Il risultato di queste scelte si sente nei loro piatti: eccome se si sente! Basta provare alcuni primi come i Ravioli di anatra, perfetti,** **o L’Amatricina, i loro tortellini ripieni di Ventricina, la regina della norcineria abruzzese, fatta con i tagli nobili del suino (un tempo si utilizzava il ventre del maiale da cui il nome); o, ancora, quella creazione del 2015 che è diventato un loro marchio di riconoscimento, il leggendario ArrostiGin, un omaggio alla patria degli arrosticini, che in questo caso vengono cotti alla brace, aromatizzati al gin e accompagnati, naturalmente, da verdure dell'orto. Insomma, gli Spadone valorizzano al massimo il territorio di cui si sentono profondamente parte e traducono questo senso di appartenenza in atti concreti, ben mirati, mai a caso. E in questo modo la loro cucina diventa un'ode a tutto quel pezzo di terra che è la provincia di Pescara, fino al momento del dolce: è così che questa famiglia ci lascia senza parole, con un dessert dedicato al Gran Sasso, composto da una purea di castagne, un gelato di latte di pecora, una meringa disposta a forma di montagna e ovviamente un'aggiunta dall'orto di Bruna, con le sue amarene e una polvere di erbe aromatiche. Perché alla fine, che cosa sarebbe un luogo senza i suoi frutti?