Gucci Garden: Karime Lopez e Martina Bonci, intervista doppia 

Dalla cucina stellata e dietro il bancone dello straordinario progetto Gucci Garden, un "doppio" al femminile da conoscere
Gucci Garden Karime Lopez e Martina Bonci intervista doppia
SOPHIE DELAUW

Credete che sia possibile rendere ancora più attraente una delle piazze più famose del mondo? Una delle più percorse e fotografate dai turisti? Ci è riuscito Gucci, che oltre all'Osteria da Massimo Bottura ha aperto, proprio accanto, il Giardino 25, un café & cocktail bar. Chi guida queste due realtà? La chef messicana Karime Lopez e la bar manager umbra Martina Bonci.

Ecco che cosa ci hanno raccontato, proprio nella «loro» piazza.

Karime Lopez e Martina Bonci

SOFIE DELAUW

Karime e Martina, nessuna delle due è fiorentina, come siete arrivate in piazza della Signoria?

KL: «Ho girato un po’ prima di arrivare qui, Francia, Spagna, Perù, Italia… Le strade diverse che ho percorso e gli amici che ho incontrato lungo il cammino hanno fatto sì che io oggi sia chef alla Gucci Osteria da Massimo Bottura.

Qui mi sento a casa e ho creato una famiglia con mio marito Taka Kondo (sous-chef di Massimo Bottura. Da pochi mesi sono diventati genitori!, ndr). Messicani e italiani condividono la passione per il buon cibo, per lo stare insieme a tavola, per le tradizioni familiari. E poi Firenze è bellissima, e venire ogni giorno in questa piazza è un privilegio».

MB: «Sono di origini umbre, ho sempre lavorato in Italia, ma ho avuto la possibilità di fare tanti viaggi di piacere per scoprire il resto del mondo. Ho fatto tesoro di questi viaggi e nelle mie ricette metto sempre qualche ricordo di quello che ho visto. Fin da bambina ho frequentato Firenze perché mio papà ha fatto l’università qui e quindi il legame è forte. La città è un museo a cielo aperto, un’emozione quotidiana che ti rapisce, come la luce che filtra adesso attraverso le vetrine, vedi che è magica?».

Qual è il vostro piatto tipico fiorentino preferito?

KL: «Senza dubbio la pappa al pomodoro. All’Osteria la serviamo come benvenuto dei nostri menù: un piccolo bignè farcito di pappa al pomodoro completato con una glassa al parmigiano».

MB: «La ribollita, con l’olio nuovo e il pane tostato».

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E quello del cuore?

KL: «Tacos, il profumo delle tortillas di mais mi manca molto».

MB: «Tagliatelle fatte in casa con il sugo di carne che mi ricordano le mie nonne».

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Entrambe avete girato tanto, qual è il nostro piatto che meglio rappresenta la cucina italiana nel mondo?

KL: «Qualsiasi piatto di pasta, secca o fresca. Ma secondo me c’è una ricetta che meriterebbe di essere più conosciuta e apprezzata anche all’estero: le olive all’ascolana».

MB: «Penso che la pizza li batta tutti».

Che cosa non manca mai nella vostra dispensa?

KL: «Il formaggio».

MB: «La pasta, e nel mio mobile bar whisky, limone e zucchero».

Lavorate per un marchio che è emblema di eleganza e incanto. Qual è il vostro rapporto con la bellezza?

KL: «Lavorare per una maison come Gucci è emozionante, ti ispira in ogni momento, ti dà fiducia che quello che fai sarà motivo di gioia per qualcuno. La bellezza non è ferma, ogni giorno si evolve, ogni giorno è diversa, ogni giorno è una sorpresa: è sufficiente entrare in questo palazzo, ammirare la piazza, guardare una collezione di abiti per capire che in ogni cosa la si può coltivare. Non solo nei tessuti più pregiati, anche in un piatto di baccalà o in un drink».

Karime Lopez

SOFIE DELAUW

MB: «Sono l’ultima arrivata, ma è stato facile entrare subito in sintonia con il mondo sognante di Gucci. La meraviglia di tutto quello che mi circonda è lo stimolo quotidiano per ogni nuova creazione. I colori, le forme, i sentimenti a cui possiamo attingere ci spingono a contaminazioni in campi diversi. Per esempio, i cocktail della mia drink list sono un’esplosione di colore, oltre che di sapore. Perché devono essere piacevoli sotto ogni aspetto, anche quello visivo».

Che cosa vi ha portato a fare questo mestiere?

KL: «Vengo dal mondo dell’arte, dipingevo e scolpivo. Quando studiavo arti plastiche a Parigi, mi fermavo a guardare le vetrine delle pasticcerie, estasiata. Vedevo pasticcini curati come gioielli, come opere d’arte. È lì che ho capito che quella era la mia strada, così ho cambiato e ho iniziato un corso di cucina».

MB: «Sono sempre stata affascinata dai banconi dei bar fin da piccola, mi piaceva guardarli e quando andavo in giro con mia mamma mi fermavo sempre a ogni bar, incuriosita. La mia famiglia ha sempre amato accogliere ospiti a casa, c’era sempre un buon motivo per festeggiare con pranzi e ottime bevute. Ed è stata la mia bisnonna mi ha iniziato presto al mondo del vino, perché «faceva buon sangue.

«Ho studiato economia, ho provato a seguire altre strade, ma poi sono tornata alla mia vera passione, bar e miscelazione».

Martina Bonci

SOFIE DELAUW

Quanto è importante il ruolo del mentore per il vostro percorso?

KL: «Sono tante le figure che mi hanno guidato in tutti questi anni, ciascuna con un ruolo definito: chi mi ha permesso di coltivare la precisione, chi l’estro, chi il culto dell’ingrediente. Non posso non citare Santi Santamaria (chef del ristorante Can Fabes, il primo tre stelle Michelin catalano, mancato nel 2011), Enrique Olvera (chef del ristorante Pujol, a Città del Messico, nono al The World’s 50 Best Restaurants 2021) e Massimo Bottura. Non ho mai lavorato con una chef donna, ma gli insegnamenti delle mie nonne e di mia mamma sono alla base di tutto il mio percorso».

MB: «Anche se non posso indicare un mentore vero e proprio, sono stati fondamentali i tanti compagni di avventura che mi hanno fatto innamorare di questo lavoro».

Cosa vuol dire essere donna in cucina e dietro un bancone?

KL: «Adesso che sono mamma mi accorgo ancora di più della sensibilità che noi donne mettiamo nel fare tutte le cose. Prima era tutto calcolato al centimetro, adesso che ho una bambina di pochi mesi, per riuscire a fare tutto devo organizzarmi al millimetro. Ma la fatica e lo sforzo in più che si fanno sono sempre ripagati perché penso che si facciano per noi stesse, prima che per gli altri».

MB: Mi piacerebbe poter dire che siamo quasi a un livello di parità, ma nel mondo della miscelazione siamo ancora un po’ lontani. In qualche occasione mi è capitato di dover essere più dura di quello che sono, perché altrimenti non venivo presa sul serio. Ma il cammino è aperto e sono sicura che non potrà che migliorare, anzi invito tutte le ragazze che hanno questa passione a seguirla, senza timori».

KL: «Vorrei aggiungere un’ultima cosa: quando smetteremo di farci questa domanda, saremo davvero a un buon punto».